IL PERICOLOSO FAI-DA-TE NELL’IMMOBILIARE

                                                                  
É tanto tempo ormai, da quando assistiamo ad una crescente tendenza ad incentivare la disintermediazione nel campo immobiliare. Spieghiamo subito, per i non addetti ai lavori, che con tale termine si intende l’attività di vendita o locazione di un immobile effettuata direttamente dal proprietario e dalla controparte (acquirente o inquilino) senza l’intervento di un agente immobiliare professionista. Oltre alla spiccata tendenza degli italiani ad esser tuttologi e a non voler pagare il servizio di consulenza in generale, quando si tratta, in particolare, della vendita del proprio immobile, si fortifica quella convinzione di sapere tutto ed essere in grado di fare da soli, senza ricorrere all’attività professionale di un esperto agente immobiliare. É vero che alcuni agenti immobiliari non sono preparati né adottano standard qualitativi elevati nell’offrire i propri servizi, ma la stragrande maggioranza degli agenti immobiliari italiani é composta da professionisti seri, costantemente aggiornati e quotidianamente impegnati nell’offrire servizi di alta qualità ai propri clienti. Spesso la motivazione del mancato ricorso ai servizi dell’agenzia immobiliare è indicata essere il costo della mediazione, ma a tal proposito vale sempre di più il vecchio detto <<se credi che il lavoro di un professionista ti costi troppo, scoprirai quanto più ti costerà il lavoro di un dilettante o, peggio, far da soli>>.
Di recente, nel mercato immobiliare sono apparse alcune società che promuovono il concetto della disintermediazione, offrendo dei servizi collaterali alla vendita di un immobile a prezzi molto contenuti. Tra questi, homepall si vanta di mettere in contatto un proprietario ed un acquirente di un immobile, fornendo la preparazione di un contratto preliminare a costi bassissimi, offrendo un servizio che sostanzialmente invita a far fare da soli un venditore ed un acquirente on-line, quando già coloro che fanno da soli rischiano di rovinarsi con le proprie mani nel mondo reale. In realtà il loro servizio è inutile e trova qualche parvenza di interesse in coloro che, da un lato, sono prevenuti nei confronti degli agenti immobiliari, o, dall’altro, hanno vissuto qualche esperienza negativa con qualche agente immobiliare. A questo ultimo proposito, mi preme precisare che sicuramente la categoria degli agenti immobiliari, a cui io appartengo con orgoglio, deve fare autocritica e trovare al suo interno i giusti meccanismi di eliminazione di qualsiasi rischio di esser percepiti all’esterno in maniera negativa e procedure rapide di espulsione delle mele marce, ma é innegabile che molti, sia venditori che acquirenti, firmano un contratto pur non avendo i necessari strumenti cognitivi per distinguere una clausola giuridica vincolante da una mera lettera di intenti senza obbligazioni. Altresì, nella mia esperienza pluriennale sul campo, ho appurato che i venditori selezionano un agente immobiliare professionista solo in base al costo della provvigione richiesta al venditore e non in base a quanti immobili il professionista abbia venduto nell’ultimo anno, a come sia la sua organizzazione aziendale, a quanta inclinazione abbia a condividere gli immobili con altre agenzie immobiliari, a quali servizi offra per la promozione commerciale e a quali controlli esperisca al momento del conferimento dell’incarico. Quindi, può accadere che un agente immobiliare disorganizzato, che ha venduto solo quattro immobili negli ultimi due anni, che non é bravo nel fare la pubblicità immobiliare e non sia un venditore capace, sia incaricato di vendere un immobile da un proprietario, al quale ha promesso di far pagare solo 0,5% di provvigione, a discapito di un agente immobiliare capace e preparato, che abbia venduto 15 immobili nell’ultimo anno, ma che, proprio per i servizi di alta qualità che offre, chiede una commissione più alta al venditore. In tal caso, l’acquirente che si imbattesse nel primo agente immobiliare rimarrebbe deluso della sua inefficienza, alimentata dal desiderio del venditore di pagare meno possibile di commissione, con la facile conclusione che il cliente acquirente verrebbe indotto ad una facile generalizzazione del tutto infondata che tutti gli agenti immobiliari lavorino male. Pertanto, riteniamo la nascita di società come homepal un fenomeno provvisorio, che cerca di trarre profitto dal desiderio di molti di non pagare la consulenza, ma che é destinato a cercare di ottenere visibilità nel mercato, più per diventare un’azienda da cedere a qualche investitore disattento, che un vero protagonista del mercato immobiliare, dove la competente esperienza, la serietà professionale e l’ottima qualità dei servizi offerti dagli agenti immobiliari professionisti saranno sempre più preziosi e ritenuti indispensabili per una proficua mediazione immobiliare. Scegliete un agente immobiliare secondo criteri di qualità altamente selettivi e non in base a chi costa meno, perché é bene ricordare che chi chiede zero vale zero.

Buon immobiliare a tutti !
Dott. Leonardo Raso

Agente Immobiliare

Iscr.Ruolo A.I. RM-9660

 

Piani di Zona, firmata delibera che elimina vincoli per alloggi PEEP

Finalmente il Commissario Straordinario di Roma Capitale, Francesco Paolo Tronca, ha firmato la delibera che elimina i vincoli relativi al prezzo massimo di cessione e locazione per gli alloggi PEEP (Piani di Edilizia Economica e Popolare). http://www.comune.roma.it/pcr/it/newsview.page?contentId=NEW1098052

  

Superati i 240 mq l’immobile è di lusso.

È escluso dall’agevolazione prima casa l’acquisto di immobili di lusso, per tali dovendosi intendere le unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a 240mq, esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale ed i posto auto. 

http://www.immobilnews.it/joomla/component/content/article/39-mercato-iobiliare/2692–immobili-nasce-larchivio-nazionale-dei-numeri-civici.html?jjj=1462168889287
                                                                     

Archivio Nazionale dei Numeri Civici delle Strade Urbane

É stato di recente istituito l’Archivio Nazionale dei Numeri Civici delle Strade Urbane (ANNCSU), ossia una banca dati integrata tra vari database pubblici oggi separati, che comprenda anche dati statistici e fiscali. http://www.immobilnews.it/joomla/component/content/article/39-mercato-iobiliare/2692–immobili-nasce-larchivio-nazionale-dei-numeri-civici.html?jjj=1462168889287

                                     

Importante Sentenza della Cassazione sui contratti di locazione maggiorati in nero.

Attenzione, in materia di locazioni, per la Cassazione è valido il contratto registrato ed il canone “apparente”http://www.avvocatoamilcaremancusi.com/locazione-abitativa-con-contratto-occulto-e-canone-in-nero-maggiorato-per-cassazione-valido-il-contratto-registrato/?utm_campaign=shareaholic&utm_medium=facebook&utm_source=socialnetwork
  

Condono Edilizio e Pratiche Dormienti

Quasi 22 miliardi di Euro che lo Stato evita di incassare!


Nessuno ne parla, ma ci sono in tutta Italia centinaia di migliaia di pratiche di condono dormienti, che potrebbero portare tanti introiti nelle casse dello Stato, senza dover ricorrere a nuove tasse.

In un anno si potrebbe smaltire tutto l’arretrato.

http://m.edilportale.com/news/2016/04/normativa/condono-edilizio-217-miliardi-di-euro-ancora-da-incassare_51550_15.html

  


RISCHI CONNESSI ALLE DONAZIONI

Spesso persone interessate ad acquistare un immobile, procedono a formalizzare l’impegno all’acquisto senza interessarsi fin da subito della provenienza, ossia di tutti gli atti precedenti che giustificano il titolo di proprietà in capo al venditore. In alcuni casi tale leggerezza determina l’impegno ad acquistare un immobile in modo non sicuro. E’ questo il caso quando nella provenienza c’è un atto di donazione.
Infatti, secondo il nostro ordinamento giuridico, allo scopo di tutelare i legittimari (coniuge, figli e ascendenti del defunto), l’acquisto per donazione può, nel tempo e in presenza di particolari circostanze, venir meno per effetto dell’eventuale esercizio vittorioso dell’azione di riduzione da parte dei legittimari lesi nei propri diritti, con possibili ripercussioni anche nei confronti di terzi aventi causa dal donatario, soprattutto qualora il donatario non possieda beni sufficienti a soddisfare le ragioni degli istanti.
In particolare, è bene ricordare che:
– il nostro ordinamento riserva a determinati soggetti, detti legittimari una quota di eredità detta legittima della quale non possono essere privati per volontà del defunto, sia che sia stata espressa in un testamento o eseguita in vita tramite donazioni;
– se un legittimario viene privato, in tutto o in parte, della sua quota di legittima per effetto di una disposizione del testamento o di una o più donazioni effettuate in vita dal defunto, il medesimo legittimario può far valere il proprio diritto all’ottenimento dell’intera quota di legittima spettantegli per legge mediante un’apposita azione giudiziaria, detta azione di riduzione, soggetta al termine di prescrizione di 10 anni (nel caso di lesione della legittima determinata da donazione, questo termine decorre dalla data di apertura della successione);
– i legittimari possono rinunciare all’azione di riduzione solo dopo la morte del soggetto della cui eredità si tratta, e mai durante la sua vita; pertanto, se un soggetto dispone in vita di tutto il suo patrimonio con più donazioni a favore solo di alcuni dei legittimari, quelli che non hanno ricevuto nulla – chiamati legittimari pretermessi – o quelli che comunque hanno ricevuto beni di valore inferiore a quello della quota di legittima – definiti legittimari lesi – non possono rinunciare all’azione di riduzione, mentre il donante è in vita né con dichiarazione espressa, né prestando il loro assenso alla donazione;
– l’azione di riduzione, in caso di lesione derivante da donazione, va proposta nei confronti del donatario (colui che ha ricevuto la donazione); tuttavia, se il donatario, nel frattempo, ha ceduto a terzi gli immobili donati, il legittimario, se e in quanto il donatario non abbia altri beni sui quali soddisfare le proprie ragioni, potrà chiedere ai successivi acquirenti la restituzione del bene (c.d. azione di restituzione);
– l’azione di restituzione deve proporsi secondo l’ordine di data delle alienazioni cominciando dall’ultima. Tuttavia. È previsto dalla legge che il terzo acquirente può liberarsi dall’obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l’equivalente in denaro.
A render ancor più complicata questa materia è intervenuta la legge 80/2005, che ha innovato la disciplina del codice civile sulle donazioni.
Infatti, la prima novità è che l’azione di restituzione può essere intrapresa dal legittimario leso o pretermesso solo se non sono decorsi 20 anni dalla trascrizione della donazione; quindi, solo trascorsi i 20 anni, il terzo acquirente di un immobile donato non correrà più rischi.

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Lo stesso principio vale anche per le ipoteche e ogni altro vincolo (ad esempio un diritto di usufrutto) che il donatario abbia iscritto o trascritto sull’immobile donatogli: se l’azione di riduzione è intrapresa dopo 20 anni dalla trascrizione della donazione, le ipoteche e i vincoli restano efficaci, con l’obbligo del donatario di compensare in denaro i legittimari per il conseguente minor valore dei beni ricevuti in eredità, e sempre che la domanda di riduzione sia stata trascritta entro 10 anni dalla data di apertura della successione.
Altra novità è la possibilità per il coniuge e i parenti in linea retta del donante di opporsi alla donazione: il termine di 20 anni è sospeso nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta del donante, qualora essi abbiano notificato e trascritto, nei confronti del donatario e dei suoi aventi causa, un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione. Questo diritto di opposizione non solo è personale, ma perde, inoltre, effetto se non è rinnovato prima che siano trascorsi 20 anni dalla sua trascrizione.
Il coniuge e i parenti in linea retta del donante possono anche rinunciare al diritto di opposizione. Tuttavia, tale rinuncia non comporta anche la rinuncia all’azione di riduzione perché per legge i legittimari non possono rinunciare ad essa finché vive il donante.
Una questione aperta è se, o a quali condizioni, la disciplina introdotta dalla legge 80/2005 sia applicabile anche alle donazioni poste in essere prima dell’entrata in vigore della legge medesima, ossia prima del 15 maggio 2005. La mancanza di una norma transitoria, infatti, ha determinato interpretazioni tra loro contrastanti.
In occasione dell’acquisto di un immobile e quindi sin dalla stipula del preliminare il promissario acquirente (colui che si impegna ad acquistare) deve verificare se il venditore abbia acquisito il bene mediante donazione o se una donazione sia intervenuta comunque nella “catena” dei trasferimenti che precedono l’acquisto del proprio dante causa.
Se è effettivamente presente una donazione bisogna distinguere se:
a) il donante sia ancora vivente: in questo caso l’azione di restituzione (ossia la possibile futura azione di rivendica del bene nei confronti di chi acquistato l’immobile dal donatario) potrà essere esercitata solo dopo la morte del donante ed entro i successivi 10 anni, al verificarsi di tutte le seguenti condizioni, ossia che:
1. il donante alla sua morte non abbia lasciato beni sufficienti a coprire la quota di legittima spettante a tutti i legittimari;
2. il venditore (che aveva ricevuto il bene trasferito mediante donazione) non abbia nel proprio patrimonio beni sufficienti a soddisfare le ragioni dei legittimari lesi;
3. non siano già decorsi 20 anni dalla data della trascrizione della donazione, salvo che sia intervenuta opposizione al decorso dei 20 anni da parte del coniuge o di parenti in linea retta (legge 80/2005).
È evidente la difficoltà di gestire questa situazione in quanto al momento della stipula del preliminare, così come al momento del rogito definitivo, non è possibile valutare e verificare la sussistenza di circostanze come quelle sopra illustrate che si riferiscono a eventi futuri e incerti (il donante potrebbe vivere più o meno a lungo e comunque oltre o non più dei 20 anni successivi alla trascrizione della donazione; il suo patrimonio, come quello del donatario, potrebbe subire in questo arco di tempo modifiche anche importanti; l’opposizione al decorso del ventennio potrebbe intervenire al diciannovesimo anno, e così via).
I rimedi:
Le diverse soluzioni prodotte dalla prassi (risoluzione della donazione per mutuo dissenso, fidejussione a carico del donante e/o dei legittimari a favore dell’acquirente a garanzia dei danni derivanti dall’azione di restituzione, rinuncia da parte dei legittimari all’azione stessa di restituzione, che è fattispecie giuridica diversa dall’azione di riduzione irrinunciabile) hanno dal punto di vista giuridico una validità non univocamente accettata.
b) il donante sia deceduto da meno di 10 anni: in questo caso l’azione di restituzione potrà essere esercitata entro i 10 anni dalla morte del donante al verificarsi di tutte le condizioni sopra riportate. Ovviamente, a differenza del caso a), dovrebbe esser più facile verificare l’esistenza o meno delle circostanze, cui è subordinata l’azione di restituzione, che vanno riferite non più a un evento futuro bensì a una data certa (la morte del donante).
I rimedi: in questo caso il rimedio giuridico consiste nella rinuncia espressa da parte di tutti i legittimari (a condizione di conoscere tutti i legittimari esistenti) all’azione di riduzione o quanto meno all’azione di restituzione verso terzi ex art. 563 c.c., rinuncia valida e possibile dopo la morte del donante.
c) il donante sia deceduto da più di 10 anni: in questo caso, secondo l’orientamento prevalente in tema di prescrizione, confermato anche dalle Sezioni Unite della Cassazione, il diritto ad agire in riduzione deve ritenersi prescritto per cui non vi è più alcun rischio per l’acquirente, perché le azioni di riduzione e restituzione non potranno più essere esercitate. Pertanto se entro 10 anni dalla morte del donante non è stata trascritta la domanda di riduzione l’acquirente potrà acquistare l’immobile senza alcun timore.
d) siano decorsi più di 20 anni dalla data della donazione: a prescindere dalla circostanza che il donante sia ancora vivente o sia già deceduto, se entro 20 anni dalla data di trascrizione della donazione non si è verificata opposizione da parte del coniuge o di parenti in linea retta, l’azione di restituzione non potrà più essere esercitata e pertanto non c’è più alcun rischio per l’acquirente. Tale precisazione vale senza alcuna ombra di dubbio per le donazioni poste in essere dopo il 15 maggio 2005, mentre per le donazioni realizzate prima di tale data, invece, non è scontato che valgano le stesse conclusioni e non ci sono certezze a causa della mancanza di una disciplina transitoria all’interno della legge 80/2005 che chiarisca in maniera inequivocabile il regime applicabile alle donazioni anteriori.

Di recente, alcune importanti compagnie di assicurazioni italiane hanno sviluppato delle polizze assicurative, che tengono indenni il beneficiario, l’acquirente o il soggetto mutuante, dal danno economico che subirebbe a seguito di esito favorevole dell’azione di restituzione da parte di terzi legittimari che abbiano acquisito un diritto sull’immobile.

Conclusioni
Si può dire che, nei casi di cui ai punti a) e b), un rischio per l’acquirente esista, ma è un rischio potenziale perché non è detto che la presenza di una donazione determini di per sé una rivendica del bene da parte di terzi. Secondo la giurisprudenza il semplice fatto che un bene immobile provenga da donazione non comporta l’esistenza, di per sé, di un pericolo effettivo e attuale di rivendica: per cui si è ritenuto ingiustificato il rifiuto del promissario acquirente a stipulare il contratto definitivo di compravendita, qualora il motivo fosse la provenienza a titolo di donazione dell’immobile oggetto del preliminare.
Pertanto, proprio in considerazione della complessità della materia e dei rischi a cui si potrebbe andare incontro nell’acquistare un immobile con donazione nella provenienza, senza aver previsto fin dalla proposta le corrette clausole di tutela, Vi sconsigliamo fortemente di non vendere o acquistare un immobile senza l’intervento di un agente immobiliare professionista preparato in tema di donazioni, proprio perché sono molto alti i rischi connessi alla commerciabilità degli immobili oggetto di donazione.

Dr. Leonardo Raso

Iscr. Ruolo Mediatori n. RM-9660

LA VALIDITA’ DEL PRELIMINARE DI PRELIMINARE

Di recente, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione Civile hanno emesso una sentenza (Cass. N. 4628 del 06/03/2015), con la quale hanno chiarito che, laddove esista un contratto preliminare relativo alla compravendita di un immobile, che sia suddiviso in due fasi, prevedendosi una stipula di contratto preliminare successivo alla conclusione di un primo accordo scritto, in caso di controversia, il giudice di merito deve innanzitutto verificare se tale primo accordo costituisca già esso stesso un contratto preliminare valido secondo le disposizioni del vigente codice civile. Di conseguenza, il giudice di merito dovrà ritenere produttivo di effetti l’accordo denominato come “preliminare”, con il quale le parte contraenti si obbligano alla successiva stipula di un secondo contratto preliminare, soltanto qualora sia riscontrabile l’interesse delle Parti ad una formazione progressiva del contratto, fondata sulla differenziazione dei contenuti negoziali.

Già in precedenza, con le sentenze n. 8038 del 02/04/2009 e n. 19557 del 10/09/2009 la Corte di Cassazione si era pronunciata sulla validità del preliminare di preliminare, affermando che il contratto in virtù del quale le parti si obbligano a stipulare un successivo contratto ad effetti obbligatori (ossia un contratto preliminare di preliminare) sia nullo per difetto di causa , non essendo meritevole di tutela l’interesse di obbligarsi ad obbligarsi, in quanto si produce una inutile ripetizione.

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E’, però, innegabile che la contrattazione immobiliare nella sua prassi quotidiana vede sempre più di frequente l’intervento di agenti immobiliari professionisti nella fase antecedente all’atto notarile di compravendita, così che di solito si susseguono i seguenti momenti:
– Sottoscrizione di una proposta irrevocabile di acquisto, redatta normalmente sui formulari del mediatore e firmata dal potenziale acquirente (c.d. proponente), successiva accettazione del venditore e comunicazione finale al proponente dell’avvenuta accettazione
– Stipula di un contratto preliminare di compravendita (comunemente chiamato anche compromesso), che integra con pattuizioni più dettagliate quanto indicato nella proposta accettata, con eventuale intervento del notaio per la successiva trascrizione (procedura che raccomandiamo vivamente);
– stipula del contratto definitivo di compravendita con atto notarile.
La Cassazione ha voluto analizzare e chiarire il vincolo che si crea tra le parti a seguito dell’accettazione della proposta, debitamente comunicata al proponente acquirente.
In estrema sintesi, con la sentenza n. 8038/2009 la Suprema Corte afferma la nullità del preliminare di preliminare, non lasciando alcuna possibilità di considerare l’intesa raggiunta come giuridicamente vincolante, la cui violazione può dar luogo solo ad una responsabilità precontrattuale, quindi nella pratica condannando la prassi consolidata da decenni di suddividere la fase della contrattazione di compravendita immobiliare in tre distinti momenti (proposta irrevocabile di acquisto, contratto preliminare e rogito notarile), determinando la nullità delle proposte di acquisto formulate, soprattutto di quelle redatte su formulari prestampati, in cui siano stati indicati poche pattuizioni al di là del prezzo, delle modalità di pagamento e della data dell’atto definitivo di compravendita presso un notaio ed in ci menzioni un successivo contratto preliminare da stipularsi. Invece, con la sentenza 4628/2015 le Sezioni Uniti della stessa Corte, sottolineando la necessità di vagliare caso per caso, riconoscono la validità della figura contrattuale del preliminare di preliminare, rimandando all’interprete, ossia al giudice incaricato di analizzare una controversia insorta tra venditore ed acquirente, la necessità di verificare se esista una reale volontà delle parti di concludere tale contratto preliminare di preliminare e se esista un interesse concreto meritevole di tutela. Pertanto, questa sentenza rappresenta un punto di svolta, non solo perché ha sancito la validità della controversa figura del preliminare di preliminare, alle condizioni esposte, ma ha attribuito rilevanza giuridica anche a comportamenti prenegoziali fino a prima della sentenza considerati non vincolanti, che quindi passano dal rango di fonti probatorie di una eventuale responsabilità precontrattuale a quello di fonti di obbligazioni, il cui inadempimento determina una responsabilità contrattuale (c.d. puntuazione vincolante).
Personalmente, riteniamo molto pericolosa la prassi di sottoscrivere una proposta di acquisto che rimandi al successivo contratto preliminare di compravendita, perché a nostro avviso sarebbe colpita dalla nullità per difetto di causa sancita con la sentenza n. 8038/2009, mentre riteniamo molto più coerente con la normativa vigente far sottoscrivere una proposta di acquisto di un immobile, che sia già essa stessa un contratto preliminare di compravendita vero e proprio e, quindi, che oltre a contenere gli elementi essenziali di un contratto ((indicazione delle parti, del bene promesso in vendita, del prezzo, delle modalità di pagamento e della data di stipula del contratto definitivo), contenga anche pattuizioni non meno importanti quali l’indicazione di eventuali gravami e dell’onere della loro cancellazione a carico del venditore, la precisazione della regolarità urbanistica e catastale, la disciplina degli accordi in merito ad eventuali spese straordinarie deliberate prima del rogito o liti pendenti.
Per questo motivo consigliamo vivamente di affidarsi ad un agente immobiliare professionista, preparato ed aggiornato costantemente, che svolga gli accertamenti catastali, urbanistici e ed ipotecari (in pria persona o tramite consulenti esterni di sua fiducia) e ad astenersi dal pericolo fai-da-te, perché è altissimo il rischio di passare dal paradiso dell’avvenuto accordo di vendita all’inferno di una causa di molti anni per una clausola contrattuale scritta male dal venditore o dall’acquirente.
Buon immobiliare a tutti!

Dr. Leonardo Raso
Iscr. Ruolo Ag. Imm.ri
CCIAA di Roma n. 9660

QUANDO SI PAGANO LE PROVVIGIONI ALL’AGENZIA IMMOBILIARE?

In base al vigente codice civile l’agente immobiliare ha diritto al pagamento della provvigione concordata da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento (art. 1755 c.c.).

Questa semplice norma spesso genera interrogativi in coloro che devono pagare la provvigione (venditore e acquirente) sul preciso momento in cui tale pagamento debba esser effettuato. In effetti, molte volte le parti coinvolte nella compravendita di un immobile tendono a ritardare il più possibile il momento del pagamento della provvigione al mediatore, possibilmente al momento della stipula dell’atto definitivo di compravendita tramite rogito notarile.
In realtà, però, ci sono state molte pronunce giurisprudenziali ed approfonditi studi della dottrina specializzata, che hanno individuato quando una provvigione debba esser pagata all’agente immobiliare: tale obbligo sorge nel momento, in cui l’affare è stato concluso.

Tuttavia, c’è da chiedersi quando possiamo ritenere concluso un affare intermediato da un agente immobiliare professionista, ossia regolarmente abilitato all’esercizio della professione, ricordando che invece gli intermediari abusivi non hanno alcun diritto al pagamento della provvigione ed anzi, in base alla recente normativa in materia, rischiano anche gravi sanzioni pecuniarie e condanne penali.

Infatti, è spesso fonte di discussione tra agente immobiliare e parti contraenti dell’affare, se la provvigione debba esser pagata subito dopo la comunicazione dell’accettazione della proposta, al momento della stipula del contratto preliminare di compravendita (c.d. compromesso) ovvero contemporaneamente alla stipula del rogito notarile. In particolare, si teme che l’agente immobiliare, dopo aver incassato la propria provvigione, possa sottrarsi alla sua attività residua di trasmissione di ulteriore documentazione alle parti del contratto e/o al notaio. 

  
A nostro modesto avviso, un affare immobiliare può ritenersi concluso grazie all’intervento di un agente immobiliare quando l’offerta formulata per iscritta da un acquirente (denominato proponente) venga accettata con apposita firma dal venditore e tale accettazione sia comunicata per iscritto dall’agenzia immobiliare all’acquirente, tramite raccomandata a/r, telegramma o posta elettronica certificata (pec) e successivamente si proceda alla consegna del primo assegno al venditore, lasciato dall’acquirente all’agenzia, che lo consegna a titolo di caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.). 

Tuttavia, la comunicazione di avvenuta accettazione della proposta di acquisto dell’acquirente da parte del venditore è condizione necessaria, ma non sufficiente per determinare il momento in cui nasca il diritto dell’agente immobiliare al pagamento della sua provvigione. 

Ne consegue che un agente immobiliare serio e professionale ha diritto a ricevere il pagamento della sua provvigione, non solo se l’intervenuta accettazione del venditore è stata regolarmente portata a conoscenza per iscritto al proponente acquirente, ma anche e soprattutto se l’agente immobiliare ha verificato e consegnato all’acquirente la documentazione sulla provenienza dell’immobile, ossia l’atto di proprietà del venditore (atto di compravendita, dichiarazione di successione, atto di donazione o di divisione ecc.), la documentazione urbanistica relativa all’immobile (conformità della planimetria catastale all’attuale stato interno, visura catastale storica, eventuali strumenti urbanistici quali dia, cila e simili, certificato di agibilità ecc.), nonché la presenza di eventuali gravami sull’immobile tramite le visure ipotecarie aggiornate. 

È doveroso precisare che, perché la provvigione possa esser pagata non alla firma del contratto preliminare di compravendita, bensì dopo l’avvenuta accettazione della proposta, è necessario che il testo della proposta stessa sia il più articolato possibile e contenga tutti i riferimenti relativi alla provenienza, alla situazione catastale ed urbanistica dell’immobile ed alla presenza ovvero assenza di eventuali gravami sull’immobile, nonché pattuizioni relative agli aspetti condominiali, con particolare attenzione alla questione della competenza di eventuali spese straordinarie deliberate prima del rogito notarile.
  
Pertanto, il momento del pagamento della provvigione non è identificato in un momento specifico, ossia quando si stipula il compromesso o il rogito notarile, bensì quando viene rispettata la seguente scaletta di azioni connesse e spesso svolte in un lasso di tempo molto breve e vicino al momento dell’accettazione della proposta di acquisto:

– l’acquirente ha ricevuto comunicazione scritta sull’avvenuta accettazione della sua offerta da parte del venditore

– il venditore ritira (anche se non lo incassa) l’assegno di caparra a seguito dell’intervenuta accettazione della proposta

– l’acquirente riceve (prima o contestualmente alla formulazione della sua proposta ovvero subito dopo la sua accettazione, ma prima della consegna dell’assegno di caparra al venditore) tutta la documentazione relativa alla provenienza dell’immobile, alla sua regolarità urbanistico-catastale ed alla presenza/assenza di gravami sull’immobile, che, in ogni caso, il mediatore ha provveduto a far leggere e, laddove necessario, a spiegare dettagliatamente all’acquirente prima o contestualmente alla formulazione della proposta di acquisto.

Ancora, brevemente ricordiamo che il codice civile disciplina che, se il contratto intermediato dall’agente immobiliare è sottoposto a condizione sospensiva, il diritto alla provvigione sorge nel momento in cui si verifichi la condizione, mentre se il contratto è sottoposto a condizione risolutiva, il diritto alla provvigione continua ad esistere col verificarsi della condizione (art. 1757 c.c.).

Un esempio di condizione sospensiva è la clausola “questa proposta di acquisto dell’immobile è valida, solo se la banca da me scelta decida di valutare € 300.000 l’immobile oggetto della proposta stessa”. Ipotesi di condizione risolutiva è, invece, la pattuizione “se la banca da me scelta non valuterà € 300.000 l’immobile oggetto del presente contratto, verranno meno gli effetti del contratto stesso”. Nel primo caso la provvigione non è dovuta all’agente immobiliare, mentre nel secondo caso è dovuta comunque. 

In considerazione della particolare complessità della materia relativa alla compravendita di un immobile, consigliamo vivamente di affidarsi esclusivamente ad agenti immobiliari esperti, regolarmente abilitati all’esercizio della professione, e di comprovata serietà e professionalità, evitando di improvvisarsi in un pericoloso fai-da-te o, peggio, di affidarsi ad improvvisati intermediari abusivi, che per inesperienza o malafede non informano correttamente acquirenti o venditori sul corretto modo di procedere in una compravendita immobiliare, con il risultato diffuso di provocare danni alle parti del contratto e di gettare discredito alla categoria di agenti immobiliari, la cui attività, se svolta nel modo giusto, costituisce uno dei lavori più complicati che esistano!

Buon immobiliare a tutti!!!
Dr. Leonardo Raso

Iscr. Ruolo Mediatori Immobiliari 

n. 9660 CCIAA di Roma